Blog - 11 Maggio 2023

Quella volta che caddi e incredibilmente mi rialzai

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Storia di un fallimento riuscito.

Non vi è mai capitato di aver paura di non farcela, di cadere e di temere di non riuscire a rialzarvi, di sbagliare e pensare di non poter più rimediare; di credere che lo stress che provi di fronte alle scelte, ti stia bloccando?

Ci hanno insegnato che è meglio non rischiare, che è meno pericoloso non provare, che gli errori sono per sempre, come uno stigma, che se cadi sarà difficile rialzarsi…ecco, fortunatamente, chi ci ha detto queste parole sbagliava.

Questo racconto parte dalla fine della storia, come un flashback.

Ma iniziamo con ordine, ero in studio, stavo appendendo il pettorale al muro, li dove li metto tutti, tra la bici da corsa, il tapis roulant e la scrivania. È il pettorale numero 317 del GTC100, Gran Trail Courmayeur 2022, 100 km 7900m d+, tempo massimo 33 ore. Una voce un po’ perplessa alle mie spalle mi domanda: “ma perché lo appendi, non l’hai mica finita”, già ha ragione, perché io a quella gara mi sono ritirata, secondo il mio orologio al 84,82 km con 5574m d+.

Erano le 20.00 circa dell’8 luglio 2022, ansimavo, quando non ce la fai più, quando ti superano tutti, ero arrivata in cima allo Skyway Monte Bianco a Courmayeur…finita. Sicura, decido di ritirarmi. Due occhi gentili mi hanno detto: “ ma come, sei quasi arrivata, mancano 20 km e ci sei…ne hai fatti già 80”.

Ma conoscevo quei 20 km che mi rimanevano, era scesa la sera. Quel percorso lo avevo fatto tante volte, erano mesi che preparava quella gara. Di mercoledì salivo da Milano a Courmayeur per provare parte del percorso, di notte soprattutto per ottimizzare i tempi e incastrarmi con il lavoro.

Quella sera, la stanchezza, un long Covid che si era appoggiato li, sulle mie spalle, o meglio tra i bronchi ed i polmoni e mi impediva di respirare bene, ma soprattutto la consapevolezza che altri km, respirando così male, avrebbero compromesso tutti i mesi di allenamento a seguire mi hanno fatto optare per il ritiro. Nella mente si sono susseguiti pensieri di tristezza e sconfitta, perché è inutile negare che vengano, la parola ritiro destabilizzerebbe qualsiasi runner; tagliare il traguardo tra l’altro, mi avrebbe avvicinato magari all’iscrizione al Tor Des Geants e così la vedevo ancora più lontana; cosa avrebbero detto i miei compagni di squadra, gli amici…ma la scelta è stata quella, fermarmi all’80 di 100 km.

Dimenticavo di presentarmi, sono Camilla Pietrantonio, mi occupo di stress, sono una psicologa clinica, che corre; da un paio di anni appassionata di ultramaratone. Collaboro con il reparto di psichiatria del San Gerardo di Monza, dove tra le diverse attività, porto, con i miei colleghi, un gruppo di ragazzi in montagna…trail therapy; con l’Istituto di Polizia Penitenziaria, dove tengo un corso di gestione dello stress per gli agenti di polizia penitenziaria e lavoro nel mio studio privatamente…ma questa è un’altra storia.

Torniamo al pettorale appeso, tra quelli di finisher, pochi, perché da poco ho iniziato…ma quel cartoncino ha tutto il diritto di avere il suo posto. Perché sapersi ritirare, fermarsi, regalarsi del tempo, rialzarsi, a volte, è più coraggioso che proseguire; più difficile in termini emotivi. Riuscire ad affrontare una difficoltà, uscendone rafforzati e talvolta trasformati non è resistenza, non è una battaglia vinta, non è opporsi agli eventi ma adattarsi…la famosa resilienza.

Tranquilli, intanto per cominciare, non è per pochi.

Gli studi in ambito neuroscientifico sulla resilienza psicologica degli ultimi decenni hanno posto l’attenzione sul suo carattere di “ordinaria normalità”. È stato dimostrato come, grazie alla plasticità neuronale, il cervello umano abbia la capacità di fronteggiare, in maniera efficace, molti eventi stressanti. Tutto questo farebbe della resilienza una caratteristica che potenzialmente potrebbe avere ogni essere umano e non un evento straordinario. Basta coltivarla.

Ma in che modo?

Ci sono dei fattori che possono influenzare una risposta resiliente, dai fattori individuali, cioè quelle caratteristiche possedute dall’individuo che possono tornare utili come

  1. Ottimismo: che non vuol dire sminuire i problemi
  2. Autostima: come parlo di me stesso, come mi vedo, come mi racconto
  3. Problem solving: la capacità di risolvere i problemi e comunicare
  4. Senso dell’umorismo: non nell’accezione di ridicolizzare gli eventi traumatici ma prenderne una certa distanza e lucidità; a volte scherzarci su aiuta
  5. Empatia: sentire dentro, riconoscere le emozioni degli altri
  6. Attitudine a sperimentare emozioni positive, come la gratitudine, la compassione, la grinta
  7. Life skills: cioè le competenze cognitive, relazionali ed emotive
  8. L’impegno, il controllo e il senso di sfida, l’impegnoè il livello di coinvolgimento della persona in obiettivi significativi; il controllo è la convinzione di poter controllare gli eventi e non di esserne in balia, il senso di sfida che permette di avere una  visione degli eventi come occasioni di crescita piuttosto che come minacce

ai fattori ambientali, sociali, relazionali, ossia relativi al contesto in cui la persona è inserita, intesi come le relazioni affettive e di supporto che si riescono a stringere nel corso della vita.

Ed ora torniamo ad oggi, con in mano la mia iscrizione al GTC 2023…guardando quel pettorale appeso e sorridendo consapevole che, quando cadi ti puoi rialzare.

Tempo di lettura articolo: 9 minuti

 

Per i “CONSIGLI PER QUANDO CADI, come passare dalla resilienza alla realizzazione” al prossimo articolo…