La montagna vista come protagonista ma con un valore riabilitativo, terapeutico, educativo e preventivo, specialmente per giovani che attraversano un momento di fragilità.
Montagna =
Mostrare un volto diverso della psichiatria e del sostegno psicologico, allontanando lo stigma sociale che accompagna il malato psichiatrico come “persona diversa, colpita da una patologia che poco ha a che vedere con il mondo quotidiano e perbenista” e raccontare la forza e il potere terapeutico della montagna
Camilla Pietrantonio, psicologa, ultrarunner alle prime armi
Team Giovani territoriale del Dipartimento di Salute Mentale, IRCCS San Gerardo
Le attività che interessano la montagna come protagonista possono avere un valore riabilitativo, terapeutico, educativo e preventivo, specialmente per giovani che attraversano un momento di fragilità.
La montagna ha un potere trasformativo, che si sviluppa su diverse dimensioni: il contatto con spazi diversi da quelli della vita quotidiana; il confronto con il proprio mondo interiore,
grazie al silenzio e alla solitudine; la necessità del muoversi che si contrappone alla precedente condizione di sedentarietà o immobilità, la necessità di acquisire competenze e di dotarsi di strumenti adeguati per la vita montana, come la capacità di orientarsi e di proteggersi dalle intemperie e quindi l’acquisizione dell’autonomia; l’esperienza di stare in gruppo, con il quale condividere esperienze e sentimenti, e di avere compagni di cui potersi fidare; la metafora dell’ascesa come evoluzione personale; il confronto con un mondo nuovo e sconosciuto; la dimensione temporale riacquisita grazie alle varie fasi del viaggio, dalla progettazione al ricordo; la globalità dell’esperienza sensoriale, fisica, emotiva (Brega, Carpineta, Cossu, Di Benedetto, Frugoni, Galiazzo, Lanfranchi,Piergentilini, Rizzi e Sabbion). L’esperienza pratica, vivere la montagna, si traduce nel tentativo di trasformare, provare, modelli e teorie, che altrimenti rischierebbero di rimanere astratti, in fatti ed esperienze. I programmi di cura individuali sono basati sul raggiungimento di obiettivi, fasi che si susseguono, rielaborazioni dei percorsi terapeutici, errori e successi; allo stesso modo l’esperienza in montagna si vive attraverso termini quali percorso, strade da intraprendere, sentieri tortuosi, lunghi e in salita, bagagli da portare, da preparare; bivi e scelte, nuovi orizzonti e vette da raggiungere, fatiche, soddisfazioni, sconfitte e problem solving.
Metafore montane.
Si prova sulla propria pelle, ciò che poi si potrà spostare nell’esperienza quotidiana, nelle difficoltà che si dovranno affrontare. Grazie alla montagna vi è la possibilità di trasformare un’esperienza in immagini, profumi, voci che rimarranno nel bagaglio personale. In questi termini l’esperienza in montagna può diventare una vera opportunità pedagogica e riabilitativa. Al centro dell’esperienza il rapporto tra l’ambiente alpino ed il proprio corpo, la relazione con l’Altro. La montagna necessita un serio impegno, la messa in gioco totale della propria unità psicofisica: muscoli, cuore, passione, sentimento e testa. Quando si cammina in montagna bisogna essere concentrati per evitare di farsi male, sfoderare la propria resilienza alla fatica, così come bisogna essere in grado di fermarsi per osservare ed ascoltare ciò che ci circonda.
Proposta progettuale Dott.ssa Camilla Pietrantonio per il Team Giovani territoriale del Dipartimento di Salute Mentale, IRCCS San Gerardo.
Fine del progetto è di mostrare un volto diverso della psichiatria e del sostegno psicologico, allontanando lo stigma sociale che accompagna il malato psichiatrico come “persona diversa, colpita da una patologia che poco ha a che vedere con il mondo quotidiano e perbenista” e raccontare la forza e il potere terapeutico della montagna.
La “follia” non è più semplicemente un disturbo psichiatrico individuale, o peggio “un disturbo per la società”, ma assume una dimensione esistenziale che, se adeguatamente accolta, può diventare opportunità di arricchimento e di crescita per l’intera comunità
(Pasqualotto, Cibin e Carozza, 2020)
Sarà inoltre occasione per una raccolta di fondi per sostenere l’attività di montagnaterapia.
Il progetto verrà presentato attraverso un video che uscirà i primi di luglio, tradotto in diverse lingue (inglese, spagnolo, francese, giapponese, francese). Il clip (di circa 3 minuti) racconterà il valore non solo ludico della montagna. Verrà narrato mostrando cosa voglia dire preparare un’ultramaratona come il Tor Des Geants da una non atleta (obiettivi, fatiche, relazioni, sconfitte e gioie) e raccontando il lavoro con il gruppo montagna.
Camilla Pietrantonio:
Sono una psicologa, che corre. Ho il sogno di una psicologia accessibile a tutti, lontana da pregiudizi e stereotipi.
Preparando i 350 km che vorrei correre dal 10 settembre, partecipando al Tor Des Geants,
voglio raccontare il progetto Trail Therapy e raccogliere fondi per supportare il gruppo montagna del Team Giovani del CPS della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori.
Chi sono:
Sono Camilla Pietrantonio, una psicologa clinica che collabora con il reparto di psichiatria dell’ospedale San Gerardo di Monza, mi occupo prevalentemente di situazioni ad alto impatto emotivo e di gestione dello stress di giovani adulti (18-30 anni) con multidiagnosi; si tratta spesso di giovani che hanno attraversato un momento di difficoltà (tentati suicidi, depressioni, psicosi, schizofrenie, dipendenze). Svolgo attività anche privatamente. Quando, collaborando con l’equipe del team giovani del reparto psico-sociale del San
Gerardo (cps), mi proposero di partecipare al progetto montagna e arrampicata, accettai subito.
La mia passione, al lavoro…
Amante della montagna e ultramaratoneta alle prime armi (ho concluso diverse competizioni, il Gran Trail di Courmayeur, 55 km / 3400 m+, il Garda Trentino Trail, 64 km / 3740 m+, l’Ultra di Ibiza, 74 km / 2950 m+), credo nel valore terapeutico della montagna, così come dimostrato da diverse ricerche scientifiche. Avvicinarsi alla montagna per ragazzi e adulti ha un valore che va al di là del potere ludico di tale attività.
Quest’anno, iscrivendomi al Tor Deas Geant, giro dei giganti, in patois valdostano, gara che si vedrà partire più di 2000 corridori, il 10 settembre 2023 in Valle d’Aosta, dal centro di Courmayeur, su 330 km e un dislivello di 24000 D+, da portare a termine in non più di 150 ore, la corsa in montagna tra le più impegnative al mondo, la prima gara di questo genere che coinvolge una regione intera, lungo i suoi bellissimi sentieri, ai piedi dei più importanti 4000 delle Alpi ed attraverso il Parco Nazionale del Gran Paradiso e quello Regionale del Mont Avic, ho pensato…perché non provarci, non mettere il mio viso, raccontare il progetto in cui sono coinvolta. È la strada da narrare, il cammino che porterà a settembre, fatto di fatica, obiettivi, sveglie all’alba e corse di notte, sorrisi e l’occasione per mostrare un volto diverso della riabilitazione ed infine la possibilità di raccogliere fondi per poter portare un gruppo di pazienti sempre più ampio in montagna, per chi la montagna non sa neanche cosa sia.
Nei mesi che porteranno alla gara, sarò impegnata in diverse competizioni (giugno: Dolomiti Extreme trail; luglio: Gran Trail Courmayeur, 100 km e 7900 d+…), “svariati” allenamenti, corse in compagnia e solitudine; occasione per raccontare il progetto montagna che il Cps dell’ospedale San Gerardo sostiene da diversi anni, ponendo l’attenzione su quale valore abbiano i sacrifici, su come gestire la frustrazione, che diviene così difficile da affrontare per i giovani; raccontando il valore che può avere lo sport; l’importanza di prefissare obiettivi e di come la montagna possa essere anche d’aiuto nell’accompagnare il trattamento di certe patologie e momenti di difficoltà.
Lontani dai pregiudizi legati alle patologie psichiatriche e per una nuova visione di aiuto psicologico accessibile a tutti.
“Io amo la montagna. È il mio vestito ideale. Il luogo nel quale mi sento completamente a mio agio. Camminare, scalare, arrampicare…produce straordinari effetti benefici. Soddisfazione, superamento degli ostacoli, adrenalina”, spiega Masini. L’obiettivo non è di certo raggiungere la cima, bensì darsi obiettivi e raggiungerli. Un passo dopo l’altro. Spostando il proprio limite sempre più lontano.”
Cit. Masini, psicologo.
Il 75% delle psicosi e dei disturbi mentali gravi esordisce entro i 25 anni, l’esordio psicotico è preceduto spesso da una fase prodromica con una sintomatologia polimorfa (At Risk Mental State o Ultra High Risk). Gli stati mentali a rischio, se prontamente trattati, possono prevenire l’esordio della patologia psicotica e ridurre l’evoluzione verso la disabilità grave (De Girolamo G, Dagani J, Purcell R, Cocchi A, McGorry PD. Age of onset of mental disorders and use of mental health services: needs, opportunities and obstacles. Epidemiol Psychiatr Sci. 2012 Mar;21(1):47- 57. doi: 10.1017/s2045796011000746).
In una significativa percentuale dei pazienti affetti da disturbi psichici maggiori, la mancanza di un’adeguata strategia riabilitativa comporta la perdita irreversibile di una normale integrazione sociale (Roberts et al. 2006).
La riabilitazione psichiatrica può essere definita come “quell’insieme di interventi mirati a migliorare il funzionamento di persone con disabilità psichiche, in modo di essere in grado di svolgere un ruolo valido con successo e soddisfazione nell’ambiente di vita scelto, con il minor sostegno continuativo possibile” (Anthony, 1993). Il fine ultimo del progetto riabilitativo è favorire la Recovery del paziente, cioè un processo di cambiamento attraverso cui l’individuo migliora la propria salute e benessere, vive in modo “self directed” e si impegna a vivere al meglio delle proprie potenzialità. Recovery non significa scomparsa della malattia, ma sviluppo di abilità perdute e recupero di un ruolo valido e soddisfacente della società (Carozza, 2006). Perché l’intervento riabilitativo sia efficace, deve essere centrato sulle necessità dell’individuo e basato sulle sue capacità attualmente disponibili, oltre che costruito con programmi flessibili e modificabili in base agli effetti ottenuti.
L’idea di usare attività in ambiente naturale per trattare persone con disagio mentale è il risultato della rivoluzione che nel corso dei secoli ha cambiato le concezione di malattia mentale e a seguire le metodologie, con cui queste persone venivano trattate.
L’esperienza dell’attività del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) dell’Ospedale San Gerardo (OSG) di Monza:
Presso il CPS di Monza è stato creato nel 2015 un team dedicato ai giovani nell’ottica di definire una strategia di cura che tenesse in considerazione non solo interventi di natura sanitaria ma anche di tipo psicosociale. L’esigenza nasceva sia da aspetti normativi che dalla necessità di dare continuità ai percorsi di cura iniziati in fase adolescenziale presso la Neuropsichiatria Infantile, in modo da favorire al meglio la transazione verso l’età adulta e contrastare il più possibile, là dove presente una patologia psichiatrica conclamata, lo sviluppo di gravi disabilità.
Dal 2015 ad oggi sono stati trattati 225 pazienti di cui cica la metà, 100, inviati dalla Neuropsichiatria Infantile. L’età̀ media al primo contatto è di 20 anni, di questi circa 80 presentavano manifestazioni cliniche gravi, ma nell’ambito delle caratteropatia senza essere ancora entrati nell’ambito della patologia psichiatrica maggiore (Severe Mental Ilness).
Su questi pazienti si sono attuate tecniche di supporto e psicoterapia volte a motivarli e a favorire le capacità di adattamento, relazionali e organizzative per supportarli nella vita quotidiana.
Il gruppo montagna nasce nel 2016, con la frequenza mensile viene organizzata un’uscita in montagna preceduta da un incontro organizzativo.
Grazie all’esperienza condivisa in montagna, accanto a figure professionali preparate, si è cercato di favorire il miglioramento delle condizioni psico-fisiche individuali e delle relazioni sociali all’interno del gruppo e con gli altri partecipanti alle attività (educatore, infermiera, psicologa e psichiatra), di promuovere uno stile di vita salutare, di incrementare le capacità di orienteering e di programmazione; con un’attenzione alle disuguaglianze individuali nelle persone coinvolte – pazienti afferenti al Dipartimento di Salute Mentale.